Glicemia e HOMA-IR: I Due Numeri Essenziali per Battere il Prediabete

La scorsa settimana vi ho parlato dei picchi glicemici e dell’importanza di tenere a bada i livelli di glucosio nel sangue. I più attenti si saranno accorti che vi ho anche detto che potremmo essere soggetti a picchi glicemici a prescindere dal valore della glicemia che risulta dalle analisi del sangue. Che significa? Che allora è inutile tenere la glicemia sotto controllo? Assolutamente no, anzi! 🩸 Glicemia a Digiuno: L’Istantanea del Fegato La glicemia a digiuno è un valore di riferimento importante: è un’istantanea della concentrazione di glucosio nel sangue nel momento esatto del prelievo – un po’ come una fotografia che immortala la situazione precisa nell’attimo in cui viene scattata. Misurando la glicemia a digiuno, quindi, otteniamo un valore che rappresenta la capacità del nostro fegato di regolare la produzione di glucosio durante la notte. Come Funziona il Fegato Normale? – Quando mangiamo, il glucosio entra nel sangue e raggiunge il fegato. – Il pancreas rilascia insulina. Questa ha una doppia azione sul fegato: 1) Blocca i meccanismi interni di produzione di glucosio (gluconeogenesi), dal momento che il corpo ne ha già ricevuto dal pasto; 2) Dà il via libera all’immagazzinamento dello zucchero in eccesso. – Durante la notte, un fegato sano lavora a ritmi lenti e controllati, producendo solo la piccola quantità di glucosio strettamente necessaria per le funzioni vitali. E se invece il fegato è compromesso? – Quando la nostra alimentazione prevede un eccesso di zuccheri e/o grassi cattivi, il fegato inizia ad accumulare grasso (steatosi epatica) e sviluppa insulino-resistenza. In questo stato, il fegato: 1) Non riceve il segnale di rallentare o fermarsi; 2) Produce in eccesso: continua a pompare glucosio in circolo anche quando non dovrebbe. – Il risultato è una glicemia a digiuno alta, che è un chiaro segnale di disfunzione epatica e potenziale prediabete (insulino-resistenza). 🔬 HOMA Test e HOMA-IR: Come Calcolarlo Abbiamo visto che la Glicemia a Digiuno ci offre una preziosa istantanea sulla funzionalità del fegato, ma questo valore da solo non è sufficiente per comprendere appieno l’efficienza del nostro metabolismo. Se la glicemia ci dice quanto glucosio è presente nel sangue in un dato momento, non ci svela il vero sforzo che il nostro corpo sta compiendo dietro le quinte per gestire quello zucchero. Per ottenere un quadro completo, dobbiamo misurare la sensibilità (o resistenza) all’insulina. È qui che entra in gioco l’HOMA Test. Semplice e non invasivo, questo test matematico combina i valori della glicemia e dell’insulina (entrambi a digiuno) per calcolare l’Indice HOMA-IR, fornendoci una visione approfondita di come il nostro pancreas e le nostre cellule stiano lavorando insieme per mantenere l’equilibrio. L’HOMA test può essere effettuato presso laboratori specializzati oppure facendo un semplice calcolo a casa dopo aver effettuato le analisi. Come calcolarlo: Se il risultato è un valore inferiore a 2, possiamo stare tranquilli: ci stiamo nutrendo correttamente, il nostro corpo funziona bene e i nostri pasti sono bilanciati. Dunque, questo valore indica una buona sensibilità insulinica. Se invece il risultato è maggiore di 2, suggerisce che le cellule non rispondono bene all’insulina e il pancreas sta faticando: potremmo dover rivedere alcune scelte alimentari, il nostro stile di vita e/o valutare di intraprendere il digiuno intermittente con un’alimentazione bilanciata per far rientrare i valori e abbassare l’indice. In conclusione, l’ indice HOMA-IR e la glicemia sono valori da attenzionare, mentre l’HOMA test è una valida alternativa alla curva glicemica: ci evita di bere un bicchierone di glucosio e di dover fare più prelievi. Grazie per avermi letto. A presto, Dr. Tiziano.
Picco Glicemico: Perché Evitarlo è la Priorità per la Tua Salute e Longevità

Quante volte vi è capitato di mangiare ed essere pervasi da una sonnolenza invalidante? Se a Roma questo effetto post-pranzo si chiama “abbiocco”, il colpevole, in termini scientifici, è il picco glicemico. La sonnolenza è solo il sintomo più blando. Per comprendere quanto questo tema sia cruciale per la vostra salute, è fondamentale partire dalle basi e capire come una cattiva gestione del glucosio mini il nostro benessere. Partiamo dalle basi: Cosa sono Glucosio e Glicemia? Le nostre cellule hanno bisogno di energia per vivere e la fonte primaria di questa energia è proprio il glucosio: uno zucchero semplice utilizzato dalle cellule per varie funzioni. Ad esempio, le cellule del cuore lo usano per contrarsi, i neuroni del cervello per funzionare. Il glucosio ci permette anche di vedere, sentire, digerire. Il nostro corpo necessita di un quantitativo di glucosio determinato. Generalmente lo assumiamo tramite il cibo, ma quando la quantità è insufficiente, il nostro corpo lo autoproduce. Superare la quantità necessaria, invece, è pericoloso per la nostra salute. La glicemia rappresenta il valore del glucosio nel sangue. Se anche i valori sono buoni potremmo comunque essere soggetti a picchi glicemici frequenti e non accorgercene fino all’arrivo di segnali riconducibili all’insulino resistenza o al prediabete. …Quindi, cos’è un picco glicemico? Il picco glicemico si verifica quando c’è un rapido e brusco aumento di glucosio nel sangue: in parole semplici, alle cellule arriva troppo zucchero, più di quanto gliene serva, e troppo velocemente. In questo grafico possiamo notare come un pasto ricco di zuccheri (curva arancione) provochi un picco glicemico rapido e alto, che porta a sonnolenza e stanchezza (il cosiddetto “abbiocco”). Al contrario, un pasto bilanciato (curva azzurra) genera una risposta glicemica più stabile, garantendo energia costante e benessere. Ma perché evitare i picchi glicemici è una priorità per la nostra salute? Il glucosio influenza tantissimi aspetti della nostra salute, sia a lungo che a breve termine – se gestito bene ha effetti positivi, se gestito male può portare a una grande varietà di effetti negativi, dall’umore a patologie. Effetti a Breve Termine – Fame costante (anche nervosa) – Stanchezza cronica e malumore – Emicrania e nebbia mentale – Peggioramento delle funzioni cognitive Effetti a Lungo Termine – Insulino-resistenza e Steatosi Epatica – Invecchiamento precoce e Acne – Rischio aumentato di Alzheimer, Artrite – Malattie cardiache, Infertilità, Depressione e rischio Tumore Cosa fare per tutelarsi e preservare la propria salute? Seguire un protocollo di digiuno intermittente e bilanciare i pasti consumando gli alimenti nel giusto ordine sono i mezzi per mantenere bassa e stabile la glicemia senza stressare troppo il nostro corpo e minare la nostra salute. Il digiuno intermittente di per sé, grazie al digiuno prolungato, permette di mantenere a lungo bassi i livelli di zucchero. Durante la finestra alimentare, invece, è importante seguire una certa sequenza nel consumo degli alimenti per creare una rete “protettiva”: Iniziare con la verdura: questa contiene fibre, che creano una rete che filtra i carboidrati e quindi gli zuccheri, rallentandone l’assorbimento nel sangue. Successivamente, è utile consumare le proteine: queste stimolano una risposta insulinica più graduale rispetto ai carboidrati e ne rallentano ulteriormente l’assorbimento, aiutando a stabilizzare la glicemia e prevenendo le fluttuazioni che possono portare fame nervosa o voglie. Concludere con i carboidrati: gli alimenti precedenti avranno preparato il corpo a sfruttarli nel modo corretto e ne verrà tratta energia a lungo termine. Un’alternativa ugualmente efficace è il piatto unico bilanciato, che combina tutti i macronutrienti in proporzioni corrette fin dall’inizio. ✅ In Conclusione I benefici di un indice glicemico stabile vanno di pari passo con un corpo in salute, energico e longevo. I mezzi per ottenerli sono semplici, ma potentissimi: il digiuno intermittente e l’ordine corretto nel consumare i pasti. Grazie per avermi letto. A presto, Dr. Tiziano.
La Strategia Salva-Glicemia per i Tuoi Momenti di Convivialità

Benvenuta/o a chi è qui per la prima volta e bentornata/o a chi invece mi sostiene e legge già da un po’! Chi mi segue sa benissimo quanto io creda profondamente che i picchi glicemici giochino un ruolo centrale per il nostro benessere. L’ ordine in cui consumiamo i nostri pasti e la proporzione tra grassi polinsaturi, proteine e carboidrati incidono direttamente sui livelli di zucchero nel sangue, responsabili di molteplici aspetti tra i quali il senso di sazietà. 🍽️ Quando il Piatto Non è Bilanciato: La Soluzione La vita è fatta anche di momenti di socialità e convivialità (per fortuna, aggiungerei!). Pertanto, non sempre è possibile seguire le semplici regole del piatto bilanciato: potrebbe essere proprio il nostro piatto preferito, quello che ci concediamo per coccolarci, a non essere bilanciato per sua natura. La pizza, ad esempio, è ricca di carboidrati: non basta prendere il crostino per bilanciare. Proprio in queste occasioni, quando il pasto non è molto bilanciato, possiamo ricorrere ad alcune semplici strategie per abbassare l’indice glicemico. Il mio consiglio è di mangiare una manciata di mandorle (una decina) appena prima del pasto. Ciò ci permetterà di: Abbassare l’indice glicemico e quindi rallentare l’assorbimento degli zuccheri nel sangue e il consumo di insulina; Prolungare l’energia; Aumentare il senso di sazietà; Limitare la produzione di colesterolo; Ridurre l’infiammazione; Migliorare la salute dei vasi sanguigni riducendo il rischio di malattie cardiache. Questo non lo dico io, però: lo dice Harvard! Clicca qui per leggere l’articolo di Harvard. Ma quali mandorle scegliere? Vediamo insieme le opzioni che abbiamo a disposizione: Mandorle con Buccia (o con pellicina) 🌰 Queste mandorle conservano la loro pelliccia marrone. Questa è ricca di antiossidanti (come i flavonoidi) e fibre, che possono agire positivamente sulla flora intestinale e sull’assorbimento del colesterolo. Sono le più complete nutrizionalmente. Mandorle Pelate ⚪ Sono le mandorle a cui è stata rimossa la pellicina marrone, solitamente tramite un breve ammollo in acqua bollente e spellatura con macchine pelatrici. Sono quindi un pochino più trattate rispetto alle classiche mandorle. Senza la pellicina, perdono gran parte degli antiossidanti e delle fibre in essa contenuti. Mandorle Tostate 🔥 Possono essere con o senza pellicina, ma sono state sottoposte a calore secco (in forno o in padella). La tostatura intensifica il sapore rendendolo più aromatico e croccante. Il calore aiuta a neutralizzare l’acido fitico (se presenti), rendendo alcuni minerali più biodisponibili. Tuttavia, temperature troppo elevate o cotture prolungate possono ridurre leggermente la Vitamina E. Perciò, io consiglio le mandorle classiche, quelle con la pellicina, perché meno trattate. Tuttavia, è importante considerare le proprie esigenze. Se, ad esempio, avete i diverticoli vi consiglio di evitare le classiche mandorle essendo la pelle ricca di fibre: dovreste, in quel caso, optare per quelle sgusciate. Se, invece, siete allergici al nichel o non vi piacciono le mandorle potete scegliere altre fonti di grassi polinsaturi o proteine come lo yogurt greco, un pezzetto di parmigiano stagionato, un bicchiere di kefir o un’insalatona con un abbondante giro d’olio. In sintesi, un piccolo gesto può fare una grande differenza. Non è necessario rinunciare ai momenti di piacere o ai propri piatti preferiti per prendersi cura di sé. Ricordate: dieci mandorle prima del pasto sono una semplice strategia per abbassare la glicemia, prolungare la sazietà e migliorare la salute cardiovascolare. Grazie per avermi letto. A presto, Dr. Tiziano.
Latte Vegetale vs. Latte Vaccino: Qual è la scelta giusta per te?

Oggi, 22 agosto, si celebra la Giornata Mondiale del Latte Vegetale, un’occasione perfetta per fare chiarezza su queste bevande e capire le differenze con il tradizionale latte vaccino. Non si tratta di demonizzare una scelta a favore dell’altra, ma di comprendere le proprietà, i benefici e le eventuali controindicazioni di ciascuno per fare la scelta più adatta alle proprie esigenze. Cosa sono i Latti Vegetali? Conosciuti anche come “bevande vegetali”, non sono veri e propri latti, ma estratti liquidi ottenuti da cereali, legumi o semi. Le opzioni disponibili sul mercato sono in continua crescita e includono: Latte di Soia: una delle alternative più diffuse, con un profilo proteico simile al latte vaccino. Latte di Mandorla: dal sapore delicato e molto versatile, spesso povero di calorie. Latte di Avena: cremoso e ideale per caffè e cappuccini, ha un sapore naturalmente dolce. Latte di Riso: leggero e dolce, perfetto per chi ha allergie multiple. Latte di Cocco: dal sapore esotico e più grasso, ottimo in cucina e per preparazioni dolci. Quando Scegliere il Latte Vegetale? Il latte vegetale non è una semplice moda, ma una valida alternativa che risponde a specifiche esigenze di salute e scelte etiche. Dovresti considerarlo se: Hai intolleranza al lattosio o un’allergia alle proteine del latte vaccino: i latti vegetali sono naturalmente privi di lattosio e proteine del latte. Segui una dieta vegetariana o vegana: sono una fonte importante di nutrienti non derivanti da animali. Vuoi tenere sotto controllo il colesterolo: a differenza del latte vaccino, i latti vegetali non contengono colesterolo. Cerchi un’opzione più sostenibile: la produzione di bevande vegetali richiede generalmente un minor consumo di acqua e genera meno emissioni di CO2 rispetto all’allevamento animale. Latte Vegetale: Cosa considerare prima dell’acquisto Non tutti i latti vegetali sono uguali e una lettura attenta dell’etichetta è fondamentale per fare una scelta salutare. Proteine: La maggior parte delle bevande vegetali ha un basso contenuto proteico, ad eccezione del latte di soia che si avvicina di più al latte vaccino. Per questo, in alcuni casi, non è un sostituto diretto, soprattutto per i bambini. Zuccheri aggiunti: Molti prodotti, soprattutto quelli aromatizzati, contengono zuccheri, maltodestrine o sciroppi aggiunti che aumentano l’apporto calorico e ne riducono la qualità nutrizionale. Cerca sempre la dicitura “senza zuccheri” o “non zuccherato” o, in alternativa, scegli un prodotto che contenga meno di 3 grammi di zuccheri per 100 grammi. Fortificazione: È essenziale scegliere prodotti fortificati con calcio e vitamine (come la D e la B12), poiché gli estratti vegetali da soli non ne contengono a sufficienza per soddisfare il fabbisogno quotidiano. La vitamina B12 è particolarmente importante per chi segue una dieta vegana. Casi specifici: quando prestare attenzione Sebbene generalmente sicuri, alcuni latti vegetali possono avere controindicazioni per specifiche condizioni di salute: Latte di riso: per via del suo alto indice glicemico e contenuto di zuccheri, è sconsigliato a persone con diabete, insulino-resistenza o sovrappeso. Latte di soia: gli isoflavoni in esso contenuti potrebbero interferire con la funzione tiroidea in soggetti predisposti. Se soffri di tiroidite o altri disturbi della tiroide, è bene parlarne con il tuo medico o nutrizionista. Latte Vaccino: il suo ruolo e quando evitarlo Il latte vaccino rimane una bevanda completa e ricca di nutrienti, particolarmente indicata per determinate fasi della vita. È una fonte eccellente di calcio, proteine di alta qualità e vitamine (A, B2 e B12). Tuttavia, è importante sapere che: NON è un sostituto per i neonati: il latte vaccino, così come i latti vegetali, non deve mai sostituire il latte materno o il latte formulato per i bambini al di sotto dell’anno di età. Per una corretta crescita, i lattanti hanno bisogno di nutrienti specifici non presenti in queste bevande. Intolleranza e allergie: se soffri di intolleranza al lattosio o un’allergia alle proteine del latte, è fondamentale evitarlo e optare per alternative vegetali. Conclusioni e Raccomandazioni Sia il latte vaccino che le bevande vegetali hanno i loro pregi e difetti. La scelta dipende da fattori individuali come la salute, lo stile di vita e le preferenze personali. Il consiglio più importante è sempre lo stesso: consultare un professionista della nutrizione, specialmente se la scelta riguarda l’alimentazione dei bambini o se si soffre di patologie specifiche. Leggere con attenzione le etichette, infine, ti permetterà di fare una scelta informata e salutare, evitando prodotti con ingredienti non desiderati. Grazie per avermi letto. A presto, Dr. Tiziano.
Perché è fondamentale alimentarsi correttamente?

Quanti di voi hanno almeno un amico, un parente o un conoscente che mangia (apparentemente) a volontà ma non ingrassa? E quante volte avete pensato “beato/a lui/lei, se fosse così anche per me mangerei schifezze dalla mattina alla sera”? Questo accade principalmente per due motivi. Il primo è che tendiamo a idealizzare alcuni cibi e a demonizzarne altri, privandocene e finendo per desiderarli ancora di più. Il secondo è che spesso ci concentriamo solo sulle conseguenze che il cibo ha sul nostro corpo a livello estetico: la cellulite dovuta a una scarsa idratazione, i brufoli dovuti alla cioccolata e i cibi grassi che pensiamo ci facciano prendere peso. E i reni? E l’infiammazione? E i livelli di colesterolo e glicemia? L’alimentazione gioca un ruolo fondamentale per la prevenzione perché è alla base di moltissime patologie che possono portare a complicanze ulteriori. Partiamo dallo squilibrio del microbiota intestinale. Il nostro intestino è popolato da batteri che ci aiutano nella digestione e nel mantenere un equilibrio intestinale: sono batteri buoni. Pensate che sono molti di più delle cellule del nostro corpo. Tuttavia, c’è una componente cattiva che, se prende il sopravvento, porta a un malessere generale: ingolfamento, stipsi, gonfiore, diarrea. Ci sono poi disturbi intestinali, come il reflusso gastroesofageo, che si verificano quando si hanno problemi di digestione: una risalita dei succhi gastrici acidi irrita la mucosa dell’esofago portando reflusso e acidità. Queste condizioni si verificano a seguito di un’alimentazione sregolata che infiamma il nostro corpo, per questo l’azione antinfiammatoria del digiuno intermittente si pone come primo alleato, insieme a una corretta alimentazione, per non provare queste condizioni di malessere. Cosa mangiamo influisce anche quando già c’è una predisposizione genetica, come nel caso dello sfintere gastroesofageo. Quest’ultimo è una valvola che divide lo stomaco dall’esofago, perché nello stomaco ci sono succhi più acidi rispetto a quelli contenuti nell’esofago. Se i succhi dello stomaco si muovono ed entrano nell’esofago, lo infiammano, provocando bruciore: tramite l’alimentazione è possibile tenere sotto controllo questa condizione e regolare il funzionamento della valvola tenendo i succhi separati. La stessa funzione di prevenzione riguarda il caso dell’insulino-resistenza: alimentarsi bene non solo ci permette di evitare certe patologie, ma si presta anche come cura per far rientrare certi valori, guarire da alcuni disturbi ed evitare che alcune condizioni si trasformino in patologie più gravi e pericolose per la salute. Tornando all’insulino-resistenza, come funziona e come ci si arriva? Le cellule del pancreas sono programmate per secernere un certo quantitativo di insulina, un ormone, che permette di trasformare il glucosio (zucchero) in energia togliendolo dal circolo sanguigno e facendolo entrare nelle cellule. L’insulino-resistenza è la condizione che vede le nostre cellule incapaci di accogliere l’insulina propriamente, come se opponessero appunto resistenza. Questo impedisce all’insulina di entrare e comporta l’aumento dei valori di glicemia (zucchero) nel sangue. Le cause sono molteplici: alti livelli di grassi nel sangue, quindi di colesterolo e trigliceridi, eccessivo grasso sottocutaneo, obesità e sovrappeso; tutte condizioni legate a una scorretta alimentazione. Tuttavia, non bisogna pensare che questi valori o queste patologie possono averle solo persone sovrappeso: anche chi è normopeso, alimentandosi senza bilanciare correttamente i macronutrienti e ingerendo troppi grassi e zucchero può sviluppare queste patologie. Se facciamo lavorare eccessivamente il pancreas iperproducendo insulina perché le cellule non sono ricettive alla fine si esauriranno e non produrranno più insulina portando conseguenze negative, tra cui il diabete. Per questo è così importante tenere sotto controllo il livello di zucchero nel sangue. Il diabete è strettamente collegato con le malattie cardiovascolari: chi ha insulino-resistenza o diabete ha più probabilità di avere malattie cardiovascolari, infezioni e sviluppare ulcere recidive nei piedi. Anche in patologie non direttamente dipendenti dall’alimentazione questa rappresenta un perno centrale: le cellule tumorali, ad esempio, così come tutte le cellule, si nutrono di zucchero. Bisogna seguire uno stile di vita sano e bilanciato e prendersi cura del proprio corpo. L’educazione alimentare è il primo passo per prendere consapevolezza e vi stupirà sapere che tutto è concesso nel digiuno intermittente. Questo si presta come un ottimo protocollo alimentare per fare educazione alimentare e mangiare correttamente, sfiammare il corpo, prevenire patologie e mantenere bassi i livelli di colesterolo e glucosio: praticamente le cause alla base dei disturbi, condizioni e patologie appena spiegati. Tutto questo non deve spaventarvi o alimentare una percezione sbagliata dei cibi facendoveli classificare come amici e nemici: un panino con le salse, un tiramisù, una pizza o una fetta di torta non sono il male assoluto. Rientrano nella normalità, possono essere mangiati con serenità: come non si rovina un percorso con un pasto libero, non si sviluppano queste condizioni concedendoci delle coccole. Questa fuorviante percezione del cibo e dei cibi è alla base di tantissime credenze e comportamenti sbagliati che spesso derivano dall’infanzia. Le credenze, le percezioni e il nostro modo di alimentarci durante la crescita segnano la nostra mente e il nostro corpo. Perché, però, sono così tante le persone che tendono a identificare alcuni cibi come sani e altri come “cibi che fanno male”? Questa dicotomia non fa che farci credere di non essere mentalmente pronti ad alimentarci bene o a seguire uno stile di vita che in realtà implica vi siano solo delle accortezze che possono cambiare però il nostro aspetto e la nostra salute. Nel prossimo articolo vi spiegherò perché tanti cibi che spesso vengono demonizzati, in realtà, possiamo mangiarli senza vederli come uno sgarro, un incidente di percorso o senza sentirci in colpa, sensazione che non dovremmo mai provare dopo aver mangiato. Spero di avervi fatto prendere consapevolezza dell’importanza di una corretta alimentazione e del fatto che alla base di un percorso la prima motivazione deve essere prendersi cura del proprio corpo e della propria salute, per il tempio in cui viviamo. Grazie per avermi letto. A presto, Dr. Tiziano.
Perché le diete a 5 pasti rischiano di fallire?

Perché dover rinunciare ad un pasto quando si può dimagrire anche facendone 5? Ci eravamo lasciati con questo quesito, lecito se non si ha ancora una visione chiara del digiuno intermittente. Ricordo che anzitutto il DI è uno stile di vita che vale la pena intraprendere, indipendentemente dalla volontà o dalla necessità di dimagrire, per i benefici che apporta al nostro corpo. È quindi un modo di alimentarsi che io consiglio a prescindere per le sue funzioni antinfiammatoria e di prevenzione alle malattie. Tornando al tema di oggi, la motivazione più ovvia è che se una dieta da 5 pasti ci permette semplicemente di dimagrire, il DI ci permette di arrivare all’obiettivo anche disinfiammati, più consapevoli del nostro corpo, dei segnali che ci manda e con valori più stabili di glicemia e colesterolo. Inoltre, c’è un limite nelle diete da 5 pasti: in moltissimi casi si soffre la fame. Vi spiegherò il perché in maniera molto semplice. Noi deriviamo dall’uomo della caverna. A quei tempi il cibo a disposizione era limitato sia in frequenza che in quantità. L’uomo doveva cacciare o aspettare che gli alberi fiorissero per raccogliere bacche e frutti. Viveva stando alle regole della natura: questo comportava l’alternarsi di periodi di abbondanza in primavera-estate e periodi di carestia in autunno-inverno. Più riceveva cibo in periodi floridi, più il cervello mandava segnali di fame al corpo per far sì che approfittasse di questo momento di abbondanza per fare scorta di energie e grasso durante l’inverno. Al contrario, nei periodi di scarsità alimentare, il cervello non mandava questi segnali al corpo perché altrimenti, vista la poca disponibilità di cibo, gli uomini sarebbe morti di fame. Si tratta quindi di un meccanismo di difesa del corpo messo in atto per la preservazione della specie. Oggi, fortunatamente, questa scarsità di cibo non ci riguarda più e al contrario siamo sovralimentati. Il nostro corpo, però, è programmato per dover gestire mesi di carestia e mesi di abbondanza e quindi mette in atto gli stessi meccanismi che hanno permesso agli uomini delle caverne di non morire di fame e garantire l’evoluzione della specie. Tutto ciò significa che nutrendo il nostro corpo continuamente, facendo 5 pasti al giorno, il senso di fame aumenta e il corpo richiede sempre più cibo. Questo è legato anche alla glicemia (livelli di zucchero nel sangue). Più sono stabili i livelli di glicemia, più si riesce a mantenere stabile anche il livello di fame. Infatti, i picchi glicemici (aumenti esponenziali di zucchero nel sangue) sono seguiti da una fase di ipoglicemia (carenza di zucchero). In ipoglicemia il cervello manda segnali di fame al corpo producendo la grelina (ormone della fame). La stabilità della glicemia gioca un ruolo fondamentale, quindi, rispetto al senso di fame. È quindi chiaro che con le diete da 5 pasti che implicano una certa frequenza nell’alimentarsi la fame è maggiore, perché non riusciamo a mantenere costantemente bassi i livelli di glicemia. Appena si abbassano introduciamo altro cibo e aumentano nuovamente, senza aver tempo di stabilizzarsi. Durante il digiuno invece i livelli di glicemia sono ai minimi, per questo il corpo utilizza grasso e autofagia (ringiovanimento cellulare) per produrre energia. Mantenere la glicemia costantemente ai minimi è impossibile: fisiologicamente sale quando mangiamo. Tuttavia, è possibile evitare che ci sia un aumento troppo brusco bilanciando bene i macronutrienti e seguendo delle regole che permettono quindi anche di aumentare temporalmente il senso di sazietà. Con il DI quindi si arriva alla stabilizzazione nel periodo di digiuno e a livelli di glicemia bassi quando mangiamo, che scendono nuovamente ai minimi una volta chiusa la finestra alimentare. Per questo dico sempre che non bisogna focalizzarsi solo sulle ore di digiuno, ma anche su come sappiamo bilanciare perfettamente i nostri pasti secondo le singole esigenze. Prossimamente, vi aiuterò a capire come fare. Grazie per avermi letto. A presto, Dr. Tiziano
